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Aubrey Plaza parla per la prima volta della morte di Jeff Baena

Durante il podcast Good Hang with Amy Poehler, Aubrey Plaza ha affrontato per la prima volta pubblicamente la morte del marito Jeff Baena, regista e sceneggiatore, scomparso a gennaio all’età di 47 anni. Le sue parole arrivano senza enfasi né costruzioni narrative, con un tono diretto che restituisce la dimensione quotidiana di un lutto che non ha bisogno di cornici o spiegazioni.

«C’è come un oceano gigantesco, proprio lì, e io lo vedo», racconta Plaza. «A volte ci voglio entrare dentro e restare lì. A volte lo guardo soltanto. E a volte cerco di scappare. Ma è sempre lì».

Il dialogo con Amy Poehler si muove in equilibrio tra confidenza personale e registrazione pubblica. Poehler, amica e collega da anni, pone la domanda in modo lineare: «Hai trascorso un anno terribile e tragico. Come stai, adesso?». La risposta di Plaza arriva immediata: «In questo preciso momento, mentre sono qui con te, mi sento felice».

Non c’è spettacolarizzazione del dolore, non ci sono dettagli sulle circostanze della morte o ricostruzioni biografiche. C’è invece la descrizione di una condizione, quella di chi si trova a convivere con un’assenza che occupa spazio e tempo. Plaza parla di Baena senza aggettivi ricamati e senza tentativi di sintetizzare il loro rapporto in una formula definitiva. Dalle sue parole emerge una quotidianità condivisa che apparteneva a entrambi: la scrittura di sceneggiature letta ad alta voce, le decisioni prese durante le pause sul set, le note lasciate in casa. È questo intreccio di gesti e abitudini a segnare l’ampiezza del vuoto.

L’intervista non si trasforma mai in una seduta terapeutica né in una narrazione drammatica pensata per il pubblico. Rimane un dialogo che registra la presenza del dolore senza tentare di ridurlo o sublimarlo. La morte di Jeff Baena, ufficialmente registrata come suicidio, ha lasciato domande aperte anche nella sfera pubblica, ma Plaza sceglie di non entrare in quel territorio. L’unico punto su cui insiste è la convivenza con ciò che resta.

Il valore di questo racconto sta proprio nella sua sobrietà. Plaza non si affida a formule retoriche né a dichiarazioni di circostanza: descrive la realtà di un lutto che non si cancella, ma che trova spazio nella vita di ogni giorno. In questo modo, il dolore smette di essere un tema eccezionale e si trasforma in parte del quotidiano, in qualcosa che si distribuisce tra gli oggetti e i silenzi, senza mai scomparire del tutto.

La frase iniziale, «In questo preciso momento, mi sento felice di essere con te», diventa così la chiave per leggere l’intera conversazione. La felicità non è presentata come alternativa alla sofferenza, ma come possibilità di conviverci, di riconoscere la presenza di quell’oceano senza negarla.

Il podcast prosegue toccando altri argomenti, ma quella sezione rimane il punto centrale. Mostra come, anche nelle interviste pubbliche, il lutto possa essere raccontato senza artifici, attraverso la semplicità di un dialogo che mette al centro l’esperienza vissuta e la sua permanenza.

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